Gli effetti dell’alcol sull’organismo

Bere una birra tra amici, brindare agli eventi importanti che costellano la vita di ciascuno o anche solo accompagnare un buon pasto con un bicchiere di vino sono piccoli piaceri a cui probabilmente la maggior parte di noi non rinuncerebbe volentieri. Non si può non considerare poi che le bevande alcoliche sono spesso al centro di tradizioni e di eventi collettivi nelle più svariate culture del pianeta e ricoprono quindi un certo qual ruolo nella vita di tutti i giorni se si dà per vera la definizione di uomo come “animale sociale”. È altrettanto vero però che un consumo eccessivo di alcol in maniera cronica è responsabile di pesanti conseguenze sul nostro organismo e costituisce, nel suo manifestarsi come dipendenza, una vera e propria malattia oltre che una grande piaga della nostra società: l’alcolismo.

In questo articolo, ci occupiamo ovviamente dell’aspetto biologico legato all’assunzione di alcolici e andiamo ad indagare su cosa accade a livello metabolico quando si introducono questo tipo di sostanze nell’organismo. Principio attivo alla base di qualsivoglia bevanda alcolica è l’etanolo (CH3CH2OH), una piccola molecola capace di diffondere spontaneamente attraverso le membrane cellulari. Questa sua proprietà fa sì che la sua distribuzione nell’organismo sia molto rapida e riguardi tutti i compartimenti acquosi del nostro corpo, piuttosto che accumularsi in un particolare tessuto. Il metabolismo dell’etanolo ha luogo in massima parte nel fegato, ma coinvolge anche stomaco, polmoni e reni; una piccola parte di etanolo viene invece eliminata tal quale tramite l’aria espirata, il sudore e l’urina.

Metabolismo dell’etanolo

L’etanolo ingerito può essere metabolizzato dal nostro organismo attraverso tre vie, che condividono come unico prodotto l’acetaldeide.

– L’enzima alcol deidrogenasi (ADH) è un enzima inducibile di cui esistono diverse isoforme. Catalizza la trasformazione di etanolo in acetaldeide accoppiandola alla formazione di NADH da NAD+. È un enzima con scarsa specificità, ma alta affinità per l’etanolo (Km=1mM).

– L’enzima catalasi è anch’esso in grado di metabolizzare l’etanolo, a patto che esso sia accompagnato da perossido di idrogeno, a formare acetaldeide e due molecole di acqua. Questa via ricopre una scarsa importanza nel catabolismo dell’etanolo, dal momento che la produzione di H2O2 nel fegato è di fatto insignificante.

– Il sistema MEOS (Sistema Microsomiale di Ossidazione dell’Etanolo) è una idrossilasi a funzione mista, NADP+-dipendente, che ossida l’etanolo ad acetaldeide in presenza di ossigeno. Il coenzima è il citocromo P450, lo stesso utilizzato dal fegato per la detossificazione degli xenobiotici (ne abbiamo già parlato qui). Questo sistema ha comunque una affinità più bassa per l’etanolo (Km=8mM) rispetto all’alcol deidrogenasi, che viene preferenzialmente impiegata in questa fase.

Quale che sia delle tre la reazione che avviene, l’acetaldeide che si viene a generare deve essere a sua volta rapidamente smaltita poiché tossica. A questo scopo interviene l’enzima acetaldeide deidrogenasi (dipendente da NAD+ e zinco), che ossida l’acetaldeide ad acetato, il quale potrà essere utilizzato dalla cellula per i suoi processi metabolici. Di questo enzima esiste sia una forma citosolica, a bassa affinità, sia una mitocondriale, ad affinità elevata. Una curiosità: popolazioni asiatiche quali cinesi e giapponesi hanno una minore tolleranza all’etanolo per cui anche piccole quantità di alcol provocano vasodilatazione con arrossamento del viso e aumento della frequenza cardiaca. La spiegazione è che, non funzionando l’acetaldeide deidrogenasi mitocondriale a causa di una mutazione, l’accumulo di acetaldeide diventa tossico.

Fig. 1: Metabolismo dell’etanolo

Effetti dell’etanolo sul metabolismo glucidico e lipidico

Il metabolismo dell’etanolo determina una eccessiva produzione di NADH e di conseguenza, specialmente quando il consumo di etanolo è eccessivo e cronico, una forte alterazione del rapporto NADH/NAD+ tanto a livello citosolico quanto mitocondriale. Ne deriva uno scompenso del metabolismo glucidico e lipidico, con una serie di conseguenze patologiche, quali ad esempio ipoglicemia, iperuricemia (valori ematici di acido urico aumentati), acidosi e steatosi epatica, fino a danni più gravi a carico del fegato come la cirrosi. Tutto questo è spiegabile con lo spostamento dell’equilibrio lattato-piruvato da parte della cellula in favore del primo, come possibile soluzione per ristabilire il NAD+ consumato. L’accumulo di acido lattico, però, causa acidosi e iperuricemia, dovuta alla competizione dell’acido lattico con l’acido urico nell’escrezione renale. Parallelamente, cala la produzione di ossalacetato per carenza di carbossilazione del piruvato e rallenta la via della gluconeogenesi, risultando così in valori ipoglicemici. A livello lipidico invece l’abbondanza di acetato, accompagnata dalla scarsità di ossalacetato, provoca una aumentata sintesi di corpi chetonici, colesterolo e trigliceridi, che hanno effetti tutt’altro che benefici sul fegato.

Fig. 2: Effetti dell’etanolo sul piano metabolico

Effetti dell’etanolo sul SNC

In virtù della sua struttura chimica molto piccola, l’etanolo è in grado di oltrepassare la barriera ematoencefalica ed è così libero di andare ad esercitare un’azione inibitoria generalizzata a livello del Sistema Nervoso Centrale (SNC). L’effetto psicotropo dell’etanolo si esplica in maniera complessa e bimodale:

– assunto in piccole dosi, provoca una sensazione di euforia e disinibizione comportamentale;

– a dosaggi più elevati interviene invece con un’azione depressiva sul SNC.

In un primo momento si era ipotizzato che l’effetto dell’alcol fosse dovuto ad una alterazione della fluidità delle membrane biologiche, ma sono sempre maggiori le evidenze di interazioni specifiche tra l’etanolo e i recettori dei neurotrasmettitori. A livello dei recettori GABA-ergici, ad esempio, l’alcol condivide un meccanismo di azione analogo alle benzodiazepine: entrambi aumentano l’effetto del neurotrasmettitore GABA sul recettore GABA A, che manifesta un’attività sedativa, ansiolitica, anestetica e miorilassante. Per questo motivo, associare consumo di alcol all’assunzione di benzodiazepine può avere conseguenze drammatiche, che comprendono aritmie cardiache, depressione respiratoria e collasso. Un consumo cronico eccessivo di etanolo è inoltre responsabile di danni cerebrali gravi e irreversibili, quali la sindrome di Wernicke-Korsakoff, legata ad una costante carenza di tiamina.

Altri effetti dell’alcol

In apertura di questo articolo si metteva per lo più in luce la funzione sociale dell’alcol e di come esso possa rappresentare un piacere, quando non si vada incontro ad esagerazioni. Effettivamente, sono stati osservati anche benefici legati al consumo moderato di alcune bevande alcoliche, come il vino e la birra. Sembra infatti che l’alcol, oltre ad essere di giovamento per i processi digestivi in virtù della sua attività stimolante dell’appetito e delle secrezioni gastriche, possa anche svolgere una funzione anti-infiammatoria. Particolari benefici sotto questo secondo punto di vista sono stati attribuiti al vino rosso: il responsabile di questa caratteristica è uno specifico polifenolo, il resveratrolo, dall’azione antiossidante e anti-infiammatoria. Questa stessa molecola è stata dimostrata ricoprire una significativa azione protettiva rispetto a malattie cardiovascolari come ictus e aterosclerosi.

Insomma, possiamo concludere che, per quanto l’alcol non rappresenti un componente essenziale della nostra dieta, è un gusto di cui ha senso non privarsi. Ma occhio a non esagerare!

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